giovedì 12 marzo 2020

KIERKEGAARD


«Non c'è nulla che spaventi di più l'uomo che prendere coscienza dell'immensità di cosa è capace di fare e diventare.»

Nacque a Copenhagen, in Danimarca, nel 1815.
La figura del padre fu centrale nella sua formazione: verrà, infatti, da questi educato ad una rigida osservanza religiosa. Il luteranesimo a cui il genitore lo aveva introdotto, ed in particolare un marcato senso del “peccato”, spinsero il giovane Kierkegaard ad iscriversi alla facoltà di teologia per diventare pastore. Ma il filosofo non decise mai di intraprendere tale professione. La vita di Kierkegaard appare infatti segnata da una “paralisi”, una spiccata incapacità di decidere tra le alternative che si presentarono nella sua vita, una indecisione perenne che lo portarono ad identificare se stesso come un “contemplativo” che osservava con distacco la vita (sua e degli altri) più che viverla scegliendo. È lo stesso filosofo, nel suo Diario, a restituirci gli stati d’animo, enormemente ingigantiti, che accompagnavano ogni possibile scelta da compiere.

«Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse», scriveva Kierkegaard.  


Egli affronta il tema della scelta -> decisione tra alternative opposte e inconciliabili che comporta un'assunzione di responsabilità;

individua inoltre, tre stadi o fasi dell'esistenza:

  1. la vita estetica: (dei piaceri): 
  • è vissuta nell'istante e nella continua ricerca del piacere
  • implica la dispersione del soggetto 
  • conduce alla noia e alla disperazione 
      2. la vita etica: 
  •  è caratterizzata dalla scelta e dalla responsabilità 
  • comporta la sottomissione alle regole della famiglia e della società 
  • conduce alla percezione della propria inadeguatezza morale e al pentimento 
      3. la vita religiosa: 
  • implica il "salto" della fede che è paradosso e scandalo per la ragione umana 
  • comporta un rapporto esclusivo tra l'individuo e Dio 
afferma anche che l'uomo è ex-sistenza
  • può trascendere la propria condizione e proiettarsi nel futuro -> è progettualità e possibilità
  • prova angoscia, intesa come puro sentimento della possibilità 
  • prova della disperazione, intesa come lacerazione tra finito e infinito -> l'unico rimedio alla disperazione è la fede

venerdì 6 marzo 2020

LA TERZA FASE DEL PENSIERO NIETSCHEANO: IL FANCIULLO

la terza fase del suo pensiero è simboleggiata dal fanciullo, che rappresenta l'oltreuomo, cioè colui che va oltre l'uomo inaugurando un nuovo inizio.

In questa fase Nietzsche afferma che l'oltreuomo:

  • è capace di sopportare le implicazioni della "morte di Dio" e sa dire "si" alla vita e godere del corpo e dei suoi valori; 
  • può sopportare l'idea dell'eterno ritorno, cioè l'ipotesi che la storia sia un grande circolo e che tutto sia destinato a ritornare, essa è contrapposta all'idea del tempo lineare, secondo cui la storia è una catena di momenti irripetibili orientati verso un fine ultraterreno; 
  • è espressione compiuta della volontà di potenza, la quale: 
  1. è essenza della vita, cioè impulso a crescere
  2. è arte, cioè azione produttiva del senso del mondo; 
       in virtù di tale potenza creatrice l'oltreuomo opera una trasvalutazione dei valori, inaugura un               nuovo modo di rapportarsi ai valori, intesi come libere manifestazioni dell'uomo;
LA SECONDA FASE DEL PENSIERO NIETZSCHEANO: IL LEONE 

questa seconda fase del suo pensiero è simboleggiata dal leone, che rappresenta lo spirito libero che si affranca dalla tradizione.
in questa fase Nietzsche afferma:

  • occorre adottare il metodo della scienza per smascherare le false credenze, infatti le dottrina della metafisica, della morale e della scienza sono invenzioni consolatorie; 
  • "Dio è morto", cioè sono crollate tutte le certezze e i valori assoluti, lasciando il posto al nichilismo, tuttavia gli uomini non sono ancora pronti ad accettare le terribili conseguenze dell'evento, per cui hanno sostituito Dio con nuovi idoli; 
  • la morale è uno strumento di dominio, ad esempio la "morale degli schiavi" è prodotta dall'istinto di vendetta degli uomini inferiori contro i forti e ha operato un rovesciamento di valori rispetto alla "morale dei signori", ossia: 
  1. ha negato i valori di fierezza, salute e forza legati al corpo; 
  2. ha affermato i valori di rassegnazione, rinuncia e debolezza legati allo spirito; 
LA PRIMA FASE DEL PENSIERO NIETZSCHEANO: IL CAMMELLO 

La prima fase del suo pensiero è simboleggiata dal cammello, il quale indica colui che è fedele alla tradizione.

Il cammello corrisponde alla “stagione dell’obbedienza, in cui si viene istruiti e si ricevono le informazioni richieste dalla società per condurre una vita responsabile. … Mentre il cammello, il bambino, deve sottomettersi ai “tu devi”. il leone, il giovane, deve sbaragliarli e realizzare se stesso. Così quando il drago è definitivamente morto e tutti i suoi “Tu devi” sono stati sconfitti, il leone si trasforma in un bambino che va incontro alla sua vera natura, come una ruota gira intorno al suo asse. Non più regole a cui obbedire, non più regole derivate dalle necessità della storia e dai doveri sociali, ma la purezza dell’impulso a vivere nel fiore della vita” (Joseph Campbell, Il potere del mito, Tea, Milano 1994, pp. 190-191).

in questa fase Nietzsche afferma che: 
  • alla base della civiltà greca ci sono due principi: 
  1. l'apollineo, ovvero l'emblema della misura e dell'ordine;
  2. il dionisiaco, ovvero l'emblema del caos, della potenza creatrice,dell'ebrezza e della sensualità; 
  • la tragedia nasce dai canti corali in onore di Dionisio, cioè ha origine da un esperienza caotica e irrazionale mediata dalla rappresentazione poetica;       
  • la tragedia inizia il suo declino con Euripide, infatti nelle sue tragedie predomina il dialogo a discapito della musica e del coro; 
  • la filosofia di Socrate è alla base della decadenza della cultura occidentale, infatti a partire da essa viene esaltato il pensiero, svalutando la vita concreta e i suoi valori; 
NIETZSCHE

Nacque a Rocken, vicino Lipsia, nel 1844, figlio di un pastore protestante. A soli cinque anni perse il padre e visse, da allora, con la madre e la sorella senza riuscire mai a guadagnare un rapporto sereno con loro. 
A soli 24 anni divenne professore di lingua e letteratura greca presso l’Università svizzera di Basilea, ma la sua salute era cagionevole e, colpito da frequenti attacchi di emicrania e disturbi alla vista, abbandonò la cattedra per iniziare il suo pellegrinaggio per le città della Francia, della Svizzera e dell’Italia alla ricerca di una serenità che non riuscì mai a raggiungere.  
Pubblicò a sue spese i suoi ultimi lavori e si trasferì per un breve periodo a Torino, dove sopraggiunse un disagio psichico importante. Venne trascinato da un amico in una clinica per malattie nervose in Svizzera e trascorse gli ultimi anni della sua vita con la sorella, immerso nella completa follia.
Morì a Weimar nel 1900, mentre la sua fama cominciò a crescere sempre più senza che lui potesse, però, rendersene conto.   


Egli elaboro tre fasi del suo pensiero, il cammello, il leone e il fanciullo.


Così parlò Zarathustra, trad. di Mazzino Montinari
Adelphi, Milano 1973
Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo.[…]
Che cosa è gravoso? Domanda lo spirito paziente e piega le ginocchia, come il cammello, e vuole essere ben caricato. Qual è la cosa più gravosa da portare, eroi? […] Non è forse questo: umiliarsi per far male alla propria alterigia? […] Oppure è: amare quelli che ci disprezzano e porgere la mano allo spettro quando ci vuol fare paura? Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente le prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto.
Ma là dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli vuol come preda la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto. […] con il grande drago vuol egli combattere per la vittoria […] “Tu devi”, si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice “io voglio”. […] Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone. Crearsi la libertà è anche un no sacro verso il dovere: per questo, fratelli, è necessario il leone. […]
Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve diventare anche un fanciullo? Innocenza è il fanciullo, e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì.
Sì, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.